Immunoterapia e sarcomi: qualcosa si muove all’orizzonte

Immunoterapia e sarcomi: qualcosa si muove all’orizzonte
28 ottobre 2020

Il punto di partenza

Negli ultimi anni l’immunoterapia è diventata una valida arma terapeutica per numerose neoplasie, in particolare per il melanoma ed il tumore del polmone. Il meccanismo d’azione dell’immunoterapia è diverso dai chemioterapici: mentre i farmaci chemioterapici hanno un effetto diretto sulle cellule tumorali, l’immunoterapia stimola il sistema immunitario del paziente contro il tumore. Questo si ottiene attraverso l’utilizzo di anticorpi monoclonali, diretti contro bersagli chiamati checkpoint immunitari (i più noti sono PD-11 e CTLA-4), che vengono bloccati dalle cellule tumorali stesse, ripristinando e rinforzando così l’immunità antitumorale naturale dell’organismo. Questi farmaci possono essere somministrati da soli o in associazione con altri farmaci antitumorali, in particolare chemioterapici, andando ad amplificarne l’efficacia, con un profilo di tossicità generalmente migliore rispetto i farmaci tradizionali. Per quanto riguarda i sarcomi dei tessuti molli, vi erano evidenze di risposta in alcuni istotipi, ma non erano ancora stati presentati dati di attività su casistiche specifiche.

Che cosa è stato fatto

Nivolumab e Pembrolizumab sono farmaci biologici, anticorpi monoclonali diretti contro il checkpoint immunitario PD-1. Ipilimumab è anch’esso un anticorpo monoclonale ad azione immunitaria, ma diretto contro il checkpoint CTLA-4.All’ultimo convegno dell’American Association of Clinical Oncology (ASCO) tenutosi a giugno 2020 sono stati presentati i dati di tre interessanti studi volti a testare l’efficacia dell’immunoterapia nei sarcomi, in particolare:

1)    ALLIANCE A091401*: studio clinico di fase II multicentrico per pazienti affetti da sarcoma metastatico con la finalità di valutare la probabilità di risposta al trattamento con Nivolumab ed Ipilimumab rispetto al solo Nivolumab. Vengono presentati i risultati di tre sottogruppi di sarcomi: sarcoma pleomorfo dedifferenziato (UPS, 29 pazienti), liposarcoma dedifferenziato (DDLS, 29 pazienti) e tumori stromali gastrointestinali (GIST, 21 pazienti). Nei primi due gruppi di sarcomi, è stato raggiunto l’obiettivo primario con la associazione di Ipilimumab e Nivolumab (probabilità di risposta del 28% e del 14% con la combinazione vs 7% e 6% con il solo Nivolumab nei due sottogruppi rispettivamente).

2)    SAINT**: studio clinico di fase I/II volto a testare sicurezza ed efficacia dell’associazione di Ipilimumab, Nivolumab e Trabectidina nel trattamento di prima linea dei sarcomi dei tessuti molli avanzati (arruolati 41 pazienti con diverse istologie). Questa associazione ha dimostrato segnali interessanti di attività (risposta parziale o completa nel 22% dei pazienti, in particolare negli istotipi leiomiosarcoma, sarcoma pleomorfo e sinovial sarcoma, controllo di malattia nell’87% dei pazienti), con un profilo di tossicità favorevole.

3)    Ipilimumab e Nivolumab in neoadiuvante***: studio clinico di fase II volto a valutare l’efficacia dell’associazione di Ipilimumab e Nivolumab rispetto al solo Nivolumab in pazienti affetti da DDLPS retroperitoneale o UPS delle estremità o del tronco operabili, trattati con radioterapia concomitante a finalità neoadiuvante (24 pazienti arruolati). Nel gruppo di pazienti affetti da sarcoma pleomorfo dedifferenziato è stata rilevata attività clinica (in particolare per quanto riguarda la risposta patologica evidenziata all’esame istologico), con tossicità in linea con quanto atteso e senza necessità di rinvii della chirurgia.

Qual è il principale risultato

I dati di questi tre studi sono incoraggianti sia per la possibile attività dell’associazione di Ipilimumab e Nivolumab, che il possibile ruolo della combinazione tra immunoterapia e chemioterapia e il suo utilizzo anche in fase pre-operatoria in associazione alla radioterapia. In particolare, alcuni istotipi (ad esempio il sarcoma pleomorfo) hanno mostrato sensibilità a questo approccio. Il profilo di tossicità dell’ immunoterapia, in particolare dell’associazione a due farmaci, è paragonabile a quanto già evidenziato in analoghi studi in altre neoplasie. Si tratta in ogni caso di studi di fase II che necessitano conferme e inoltre non esistono dei fattori predittivi di risposta all’immunoterapia che possano aiutare nella selezione dei pazienti da candidare a tali trattamenti.

Perché sono importanti questi lavori e quali le possibili ricadute

Ipilimumab e Nivolumab sono due immunoterapici che hanno ottenuto valide risposte in diverse neoplasie con profili di tossicità in genere migliori rispetto alle chemioterapie e risposte talvolta più prolungate nel tempo. La possibilità di utilizzo anche nei sarcomi dovrà essere ancora valutata in studi più ampi, ma potrebbe rappresentare un’ulteriore valida arma terapeutica in diverse fasi di malattia.

Testo a cura di Federica Grosso

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