Cos’è il condrosarcoma?

È un tumore maligno raro che parte dalle cellule della cartilagine (i cosiddetti “condrociti”) e si manifesta in diverse varianti. La cartilagine, dall’aspetto lucido, simile a un gel, è quel tessuto connettivo flessibile ma allo stesso tempo molto resistente che svolge una funzione di sostegno e di formazione delle ossa. Le cause precise non sono ancora note, ma alcune malattie aumentano il rischio di sviluppare il condrosarcoma (tra queste, la malattia di Ollier, la sindrome di Maffucci e altre forme tumorali sia di tipo benigno che maligno). La ricerca sta inoltre indagando le relazioni fra l’insorgenza del condrosarcoma e alcune mutazioni genetiche del DNA. Colpisce più frequentemente gli adolescenti e i giovani adulti di genere maschile, con un’età media compresa fra i 15 e i 40 anni.


Dove si manifesta?

Il condrosarcoma si trova più frequentemente nel bacino, nel femore, nell’omero, nella scapola e nelle costole, anche se in teoria può svilupparsi a livello di tutte le ossa e articolazioni. Nel caso di metastasi, il condrosarcoma può diffondere le cellule tumorali in sedi distanti dal punto di origine, ad esempio nei polmoni e nel fegato.


Quali sono i sintomi?

I sintomi principali sono una tumefazione – che può diventare dura e gonfia – nella sede del corpo colpita, o una protuberanza in crescita dell’osso o della cartilagine accompagnate da dolore. Il dolore è un sintomo sempre presente, in particolare quando la malattia è in fase avanzata. Inoltre il condrosarcoma rende spesso più difficile il movimento, e aumenta la fragilità dell’osso che va incontro a frequenti fratture, anche per traumi lievi.


Come si arriva alla diagnosi?

In presenza di dolore localizzato, di tumefazione e/o fratture sospette, il medico effettuerà una visita mirata ponendo alcune domande per accertare lo stato di salute generale e la storia clinica della persona, a cui farà seguire una serie di esami specifici di approfondimento: una radiografia della sede colpita, poi una scintigrafia ossea, una risonanza magnetica (MRI) o una PET (Tomografia a Emissione di Positroni) per definire meglio la massa evidenziata attraverso la radiografia. L’esame che dovrà seguire, per confermare con assoluta certezza l’eventuale diagnosi di condrosarcoma (come di qualsiasi altro tipo di tumore) è la biopsia.


Dove posso curarmi?

In uno dei centri specializzati che in Italia e in Europa operano in rete, dove i medici e i professionisti sanitari coniugano l’esperienza altamente specialistica sul campo e la ricerca, con un approccio multidisciplinare alla malattia.


Quali sono i principali trattamenti?

I trattamenti non sono tutti uguali, e la scelta dipende da molti fattori, ad esempio il grado di sviluppo e aggressività del sarcoma, la sua localizzazione, l’età e le condizioni generali della persona. La maggioranza dei medici suggerisce per il condrosarcoma, come per il sarcoma di Ewing un trattamento combinato di chirurgia, chemio e radio. In ogni caso il trattamento di prima scelta per la cura del condrosarcoma – soprattutto se localizzato nelle ossa lunghe – è l’asportazione chirurgica, seguita dalla chemioterapia e/o da radioterapia che, in questo caso, svolgono il ruolo secondario di cura palliativa per ridurre i sintomi della malattia, o per eliminare le cellule tumorali sfuggite al bisturi del chirurgo oppure per intervenire al posto della chirurgia quando l’operazione non è praticabile. L’intervento chirurgico tende a essere il meno invasivo possibile e mira alla rimozione del tumore e alla conservazione dell’arto. Negli ultimi 50 anni le tecniche chirurgiche hanno fatto passi da gigante; oggi vengono applicate (quando necessarie) con buoni risultati articolazioni artificiali, protesi metalliche o fatte di materiale biocompatibile che, nel caso di giovani pazienti, possono essere modificate e “crescere” seguendo lo sviluppo della persona; anche l’innesto di osso proveniente da altre parti del corpo della persona colpita è una tecnica chirurgica spesso praticata.


Chi decide qual è il trattamento migliore?

La decisione e la strategia terapeutica vanno prese, proprio in considerazione della complessità della malattia, da un gruppo, un team multidisciplinare di esperti composto da: oncologo medico specializzato nella cura dei sarcomi, chirurgo ortopedico, radioterapista, infermiere specializzato, fisioterapista, psicologo. Il paziente potrebbe essere eventualmente incluso in una sperimentazione clinica, e quindi i familiari e i parenti potrebbero avere bisogno di più informazioni e approfondimenti da parte del team medico.


Quali sono gli effetti collaterali dei trattamenti?

Gli effetti collaterali di un trattamento cambiano da individuo a individuo. C’è chi reagisce meglio alla chemioterapia o alla radioterapia, e chi risente degli effetti collaterali in modo più marcato e talvolta, per brevi periodi, invalidante. Il team clinico multidisciplinare che affronta con la persona il percorso di cura farà in modo di illustrare tutti i possibili effetti collaterali, facendo chiarezza fra i timori giustificati del paziente e cosa può essere oggi fatto per prevenirli e controllarli, ad esempio accompagnare i cicli di chemioterapia con la somministrazione di farmaci per ridurre o eliminare il dolore, l’ansia e la nausea. I timori legati agli effetti collaterali più ricorrenti, che la persona con sarcoma vive prima e durante il trattamento, ad esempio la perdita del controllo, non conoscere cosa aspettarsi, il non poter svolgere le normali attività quotidiane (nel caso di bambini e adolescenti, non poter frequentare la scuola per un certo periodo, non poter praticare lo sport, non poter giocare con gli amici), la perdita dei capelli, eventuali conseguenze sulle relazioni familiari, sulla vita sessuale e sulla fertilità, vanno sempre condivisi con il proprio medico e con il team clinico, cercando il conforto dei propri familiari e amici, e qualche utile consiglio pratico da pazienti che hanno affrontato un percorso terapeutico simile.


Quale prognosi posso aspettarmi?

La prognosi dipende da quanto precocemente è stato diagnosticato il condrosarcoma e dall’esito del trattamento. Il 90% dei pazienti con condrosarcoma trattato allo stadio iniziale è ancora in vita dopo 5 anni dalla conclusione delle cure. Inoltre la ricerca non si ferma: gli oncologi clinici, i chirurghi ortopedici, i biologi, i farmacologi stanno provando a trasferire le loro conoscenze nel trattamento del paziente, che diventerà sempre meno invasivo e con esiti sempre più positivi.


Come sarà il ritorno alla vita quotidiana?

È opportuno che chi è stato colpito da condrosarcoma mantenga costantemente attiva la sua rete di relazioni e interessi, in particolare nel caso di un giovane paziente: gli amici, i compagni di scuola, i colleghi di lavoro, i gruppi dello sport o l’associazionismo – tutti coloro che fanno parte della vita della persona giocano un ruolo importantissimo, sia durante i cicli di cura sia nella fase del post trattamento. Nel complesso e lungo percorso di guarigione la motivazione, la forza di volontà individuale e l’aiuto di familiari e amici sono infatti elementi fondamentali. Una volta ritornato alla normale routine quotidiana, la persona dovrà rispettare, o essere aiutato a rispettare, gli appuntamenti con lo staff medico per i controlli e gli esami periodici. Anche il movimento e la fisioterapia sono importanti nella ripresa del tono muscolare e della corretta postura, così come può essere necessario un supporto psicologico, se la persona o i familiari ne avvertono il bisogno.

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