Cos’è l’osteosarcoma?

È un tumore molto aggressivo che parte dalle cellule dell’osso e colpisce prevalentemente bambini e adolescenti, con un picco di incidenza intorno ai 19 anni proprio perché l’osso è al suo massimo picco di crescita. C’è anche un osteosarcoma dell’adulto, meno frequente, che si manifesta intorno ai 50 anni, talvolta causato da elevate esposizioni a fonte radioattive, o dovuto – come per altri tipi di sarcoma – ad alcune anomalie e sindromi genetiche.


Dove si manifesta?

L’osteosarcoma colpisce in particolare le ossa lunghe, come il femore o le ossa del braccio, e quando si manifesta nell’adulto è spesso già a un elevato livello di malignità, con metastasi polmonari per il 20%, e micrometastasi diffuse nell’80% dei casi. Soprattutto negli adulti può interessare con frequenza altre sedi come il ginocchio, il bacino, la mandibola e la spalla.


Quali sono i sintomi?

La presenza di masse e rigonfiamenti anomali; un dolore all’osso; una frattura sospetta (definita “patologica” per distinguerla da quella che riguarda un osso sano dopo un trauma) possono tutti essere considerati sintomi dell’osteosarcoma in grado di allertare il medico che prescriverà una serie di esami per poter giungere a una diagnosi tempestiva e corretta.


Come si arriva alla diagnosi?

In presenza di sintomi sospetti, il medico farà una serie di domande per accertare lo stato di salute generale e potrà prescrivere una serie di esami specifici per approfondire il quadro clinico. Si tratta di esami di diagnostica attraverso immagini (imaging): una radiografia della sede sospetta, seguita eventualmente da una scintigrafia ossea o dalla PET (Tomografia a Emissione di Positroni), o dalla risonanza magnetica. Questi serie di esami può fornire le immagini necessarie a individuare con chiarezza se c’è un sarcoma, la sua localizzazione precisa e la sua diffusione attraverso metastasi o micrometastasi, ovvero metastasi formate da un numero molto piccolo di cellule tumorali. L’esame che seguirà, per confermare con assoluta certezza la diagnosi di osteosarcoma (come di qualsiasi altro tipo di tumore) è la biopsia ossea.


Dove posso curarmi?

In uno dei centri specializzati che in Italia e in Europa operano in rete, dove i medici e i professionisti sanitari coniugano l’esperienza altamente specialistica sul campo e la ricerca, con un approccio multidisciplinare alla malattia.


Quali sono i principali trattamenti?

In presenza di un osteosarcoma, come per la maggior parte dei tumori maligni, la scelta del trattamento più adatto dipende da molti fattori: il grado di aggressività del sarcoma, lo stadio di sviluppo della malattia, le condizioni generali e l’età della persona, i risultati delle analisi e degli esami effettuati, la possibilità di asportare completamente il tumore con un intervento chirurgico. In ogni caso, il principale trattamento per la cura dell’osteosarcoma – soprattutto se localizzato nelle ossa lunghe – resta la chirurgia, accompagnata prima e dopo l’intervento dalla chemioterapia. Oggi l’intervento chirurgico mira soprattutto alla rimozione del tumore e alla conservazione dell’arto o della parte colpita. Negli ultimi 50 anni le tecniche chirurgiche hanno fatto passi da gigante e oggi è possibile, quando necessario, applicare protesi metalliche o fatte di materiali che, nel caso di bambini e adolescenti, possono essere modificate e “crescere” seguendo lo sviluppo del giovane paziente. Circa la chemioterapia, il ciclo prescritto è di tipo sistemico: la persona viene trattata con la chemioterapia prima dell’intervento (cosiddetta “chemioterapia neoadiuvante”) per ridurre le dimensioni del sarcoma, e dopo l’operazione (la chemioterapia cosiddetta “adiuvante”) per eliminare eventuali cellule tumorali che il bisturi del chirurgo non ha rimosso. Nel trattamento dell’osteosarcoma la radioterapia è meno efficace, perché spesso le cellule tumorali sono poco sensibili alle radiazioni, ma in alcuni casi può comunque essere utilizzata per ridurre le dimensioni del sarcoma prima dell’operazione, oppure dopo l’intervento per catturare le poche cellule sfuggite alla rimozione chirurgica o anche a scopo “palliativo”, ovvero per ridurre i sintomi quando la malattia è in fase avanzata.


Chi decide qual è il trattamento migliore?

La decisione e la strategia terapeutica vanno prese, proprio in considerazione della complessità della malattia, da un gruppo di esperti, un team multidisciplinare composto da: oncologo medico specializzato nella cura dei sarcomi, chirurgo ortopedico, radioterapista, infermiere specializzato, fisioterapista, psicologo. La persona può essere eventualmente inclusa in una sperimentazione clinica, e quindi può avere bisogno di più informazioni e approfondimenti da parte del team medico.


Ci sono altri trattamenti possibili?

Attualmente sono in fase di studio nuove terapie farmacologiche chiamate “immunomodulanti” che aiutano il sistema immunitario della persona ad attaccare ed eliminare il sarcoma. Questi nuovi farmaci immunomodulanti vengono utilizzati in particolare con i pazienti che non hanno registrato progressi evidenti con terapie più convenzionali come la chemio. Ci sono inoltre i farmaci cosiddetti “intelligenti” o “a bersaglio”, ovvero in grado di riconoscere una specifica molecola della cellula tumorale e colpire solo quella, senza intaccare le cellule sane. Tuttavia, nella terapia degli osteosarcomi, così complessi a livello genetico, l’utilizzo dei farmaci a bersaglio è stato finora piuttosto limitato. Più frequente è invece la combinazione delle terapie più convenzionali, applicate a cicli e in modo sistemico, con l’immunoterapia. In rari casi, in presenza di pazienti selezionati, con metastasi diffuse e ritenuti inoperabili, viene utilizzato anche un farmaco di tipo radioattivo, il samario, che si somministra per endovena e può controllare il dolore provocato dalla crescita delle cellule tumorali. Infine non vanno dimenticati i buoni risultati che produce l’utilizzo di farmaci “antiangiogenici” ovvero quei farmaci in grado di bloccare la formazione di nuovi vasi sanguigni (chiamati con il termine tecnico “inibitori di chinasi”) quando associati alla chemioterapia.


Quali sono i principali effetti collaterali dei trattamenti?

Gli effetti collaterali di un trattamento sulla persona cambia da caso a caso. C’è chi reagisce meglio alla chemioterapia o alla radioterapia, e chi risente degli effetti in modo più marcato e talvolta, per brevi periodi, invalidante. Il team clinico multidisciplinare che affronta con la persona il percorso di cura farà in modo di illustrare tutti i possibili effetti collaterali, facendo chiarezza fra i timori giustificati del paziente e cosa può essere oggi fatto per prevenirli e controllarli, ad esempio accompagnare i cicli di chemioterapia con la somministrazione di farmaci per ridurre il dolore, l’ansia e la nausea. I timori legati agli effetti collaterali più ricorrenti, che la persona con sarcoma vive prima e durante il trattamento sono: la perdita del controllo, non conoscere cosa verrà dopo, il non poter svolgere le normali attività quotidiane, eventuali conseguenze sulle relazioni familiari, sulla vita sessuale e sulla fertilità. Effetti come la nausea, la stanchezza, il dolore, l’ansia, la perdita dei capelli, il gonfiore, possono essere gestiti con l’aiuto di farmaci specifici e i consigli del team clinico. È fondamentale parlare dei propri timori con il team clinico, e condividerli con i propri familiari e amici, cercando conforto e consigli utili anche nelle associazioni dei pazienti che hanno affrontato un percorso terapeutico simile.


Quale prognosi posso aspettarmi?

Con i trattamenti attualmente in uso, la probabilità di guarigione dall’osteosarcoma si attesta intorno al 65-70%. La prognosi varia da caso a caso e dipende da molteplici fattori: la situazione generale e l’età della persona, la dimensione e la sede dell’osteosarcoma, il grado di aggressività e di evoluzione, il risultato delle terapie farmacologiche e dell’intervento chirurgico, la presenza di metastasi e la loro diffusione.


Come sarà il ritorno alla vita quotidiana?

È importante che la persona colpita da osteosarcoma mantenga costantemente attiva la sua rete di relazioni e interessi. La motivazione, la forza di volontà individuale e l’aiuto di familiari e amici giocano un ruolo importantissimo sia durante i cicli di cura che nella fase del post trattamento. Una volta ritornato alla normale vita quotidiana, la persona dovrà rispettare sempre gli appuntamenti con lo staff medico per i controlli e gli esami periodici; il movimento e la fisioterapia sono fondamentali nella ripresa del tono muscolare e della corretta postura, così come può essere necessario un supporto psicologico, se la persona e i familiari ne avvertono il bisogno.

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